Tornerà a scuola martedì la bambina malata di Aids che non era stata ammessa alla scuola richiesta. Lo ha confermato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che a margine di un convegno all’Expo ha parlato di “epilogo molto tempestivo e molto positivo” di quello che è un “caso particolare”
Caserta, 31 ottobre – Alla fine è andata come doveva andare: la bimba di 11 anni malata di Aids, rifiutata dal dirigente di una scuola media del casertano, verrà accolta in classe dal 2 novembre. La vicenda era stata denunciata dalla vicepresidente del gruppo Sel di Montecitorio Annalisa Pannarale, componente della commissione istruzione: “La notizia lascia sgomenti e increduli; l’idea che una bambina, già provata da percorsi familiari complessi e difficili, possa essere discriminata perché portatrice di una patologia è di una violenza inaudita. Una cosa indegna per un paese civile”.
Ieri finalmente la buona notizia è arrivata direttamente dal Ministro dell’istruzione Stefania Giannini: “Sono intervenuta immediatamente – ha detto la responsabile del Miur – e credo fosse mio dovere specifico: la bimba entrerà in classe la prossima settimana nella scuola che era stata richiesta”. L’istituto sarà lo stesso San Giovanni Bosco di Trentola Ducenta, dove inizialmente c’era stata l’opposizione del preside. La notizia è trapelata, al termine della riunione sul caso svolta a Napoli presso l’Ufficio Scolastico Regionale.
Il ministero si riserva ora di capire cosa sia successo, ovvero se si sia di fronte a un caso di discriminazione: “stiamo ancora verificando quale era stato il motivo dell’esclusione; è molto probabile che sia un motivo effettivamente tecnico, ovvero che l’iscrizione sia arrivata un attimo in ritardo e che quindi il numero dei ragazzi che segue sempre parametri precisi avesse indotto il dirigente scolastico a questa posizione. Se ci sono altri aspetti altrettanto rigorosamente li esamineremo”. Il ministro sembra voler mostrare il pugno duro verso il capo d’Istituto nel caso in cui, invece, il dirigente scolastico abbia rifiutato la sua iscrizione, non per un ritardo tecnico, ma per altro: “se si dovesse trattare di un caso di discriminazione allora il dirigente pagherà per le sue responsabilità”, ha detto in modo perentorio Giannini.
Al confronto presso l’Ufficio Scolastico Regionale era presente la madre affidataria della bambina, Fortuna, e lo stesso dirigente dell’istituto, Michele Di Martino. La conferma è giunta dalla casa famiglia della Comunità Capodarco: “siamo soddisfatti che il problema si sia risolto, è questa l’unica cosa che conta”. “Da martedì prossimo 3 novembre Francesca potrà finalmente andare a scuola. E frequenterà lo stesso istituto di Trentola Ducenta che aveva rifiutato la sua iscrizione a settembre”, ha detto Antonio, papà affidatario della bambina, sereno dopo l’annuncio della buona notizia. “Io e mia moglie Fortuna – racconta il signor Antonio – abbiamo provato a spiegare alla piccola che non tutti erano pronti ad accoglierla, ma che ci voleva un po’ di tempo perché le istituzioni si attrezzassero. Ora le diremo che sono finalmente pronti per lei“. La casa famiglia della comunità di Capodarco, dove vive Francesca, accoglie cinque bimbi ed è ubicata dal 2002 nella casa confiscata all’esponente dei Casalesi Dario De Simone.
La storia del rifiuto a “Francesca” (nome di fantasia) è stata raccontata dalla mamma affidataria, Fortuna, al Redattore Sociale: “la bimba proviene da una famiglia che vive in condizioni di gravissima emarginazione sociale ed economica. Ha frequentato una scuola fino allo scorso anno, dove nessuno si è reso conto, o ha fatto finta di non rendersene conto, della situazione. Aveva il sostegno scolastico per il suo ritardo psichico. Ma è stata sempre promossa, anche l’ultimo anno, nonostante non sapesse leggere né scrivere. La scuola è la prima istituzione che non si è curata di lei e della sua famiglia, ma ha preferito sbarazzarsene al più presto. Il 3 febbraio Francesca è arrivata in ospedale quasi morta – racconta Fortuna – aveva avuto un infarto. A 10 anni pesava 16 chili; è lì che la malattia è stata conclamata: prima, in dieci anni, nessuno se ne era accorto. E’ stata ricoverata per quattro mesi. Dopodiché le istituzioni si sono rese conto che quella famiglia non era in grado di curarsi di lei: doveva prendere 12 medicine al giorno ed essere seguita con molta attenzione“.
Il 17 giugno Francesca è entrata in questa casa famiglia, che ha iniziato a cercarle una scuola. “All’inizio nessun problema, il preside si è detto pronto ad accoglierla. Poi, il 4 settembre, quel sì si è trasformato in un no: ufficialmente, non c’era posto per lei, troppi iscritti. Ma l’ufficio scolastico aveva anche concesso la sezione supplementare che il preside aveva chiesto, quindi è evidente che le ragioni del diniego fossero altre: la paura del contagio”.
Più volte Fortuna si è rivolta all’Ufficio scolastico regionale, fin quando l’ispettorato chiamato in causa ha ritenuto di aver trovato la soluzione: l’apprendimento a distanza: “Ci hanno parlato anche di una circolare ministeriale, che avrebbe impedito la frequenza scolastica della bambina. Perché? Per ignoranza e paura, visto che non c’erano proprio ragioni di ordine medico: la bambina assume i suoi farmaci la mattina alle 8, la scuola non si sarebbe dovuta certo occupare di questo. E poi chiedevamo che frequentasse solo tre ore al giorno, per lei entrare in una classe ogni giorno è importante”.